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FESTIVAL DELLE NAZIONI 47ma Edizione, protagonista l’ARMENIA e le sue “PIETRE URLANTI“. Presente e passato si incontrano a CITTA’ DI CASTELLO per essere lo spazio di gioco di un repertorio musicale ed artistico che nasce da lontano.
L’Armenia ha vissuto momenti devastanti ma attraverso l’arte continua ad essere e a ribadire cosa?
Che nonostante la disgregazione e la dispersione del territorio e dei suoi connazionali, l’Armenia continua la propria storia. Sappiamo che ci sono più armeni all’estero che nella Repubblica Armena e la lontananza alla quale il suo popolo è stato costretto ha rafforzato la necessità di fare leva sulla cultura per valorizzare e non dimenticare le proprie origini. La Repubblica Armena ha una posizione geografica particolare circondata dalla Georgia, dall’Azerbaigian e da una piccola parte dell’Iran nord-occidentale oltre che dalla Turchia e la religione è da sempre un fattore di identità molto forte. Quella Armena è stata la prima grande comunità cristiana di cui si può raccontare l’esistenza. E’ apparsa ancor prima delle comunità nate sotto l’Impero Romano, ciò grazie alle conversioni di massa operate per volontà dell’Imperatore Tigran. L’identità Armena, cristiana, è rimasta ancora oggi, molto forte in America, in Francia , in Italia .
La storia si cala nella realtà divenendo un valore di crescita e di approfondimento culturale. Come viene affrontato in questo festival l’approfondimento storico e come si sposa l’incontro tra Città di Castello, quindi l’italia, e l’Armenia?
L’idea di proporre l’Armenia l’avevamo manifestata già da un po’. Ho avuto modo di conoscere bene e al suo interno il mondo culturale Armeno avendo avuto l’opportunità di lavorare nella sua Capitale per diverso tempo. Uno dei pretesti che mi ha spinto maggiormente nel renderla la Nazione protagonista di questa edizione è stata la ricorrenza dei 100 anni dalla Prima guerra mondiale. Una guerra della quale si raccontano i tragici momenti vissuti dal popolo Armeno vittima di un un vero e proprio genocidio. Nel 1915 l’Impero Ottomano aveva individuato nella comunità armena un nemico interno poichè alcune fazioni politiche avevano preso le difese della Russia con la quale la Turchia era in guerra. Ciò fu sifficiente per scatenare una deportazione della popolazione che causò più di un milione di persone durante il viaggio obbligato verso i deserti della Siria. Abbiamo voluto ricordare questi tragici momenti anche perché in Italia ci sono delle tracce importanti dell’emigrazione Armena: a Venezia c’è San Lazzaro degli Armeni – è una piccola isola nella laguna di Venezia, di settemila mq, che si trova immediatamente a ovest del Lido, completamente occupata da un monastero che è la casa madre dell’ordine dei Mekhitaristi. L’isola è uno dei primi centri del mondo di cultura armena ; ma anche a Napoli con La chiesa di San Gregorio Armeno (o San Biagio Maggiore) che reca al suo interno il relativo complesso conventuale. E’ ubicata nell’omonima strada del centro storico di Napoli dove i turisti, durante il periodo natalizio possono ammirare la presenza dei pastori. All’interno del convento, divenuto dell’Ordine benedettino, è custodito un fondo musicale ancora non catalogato, inedito, che abbiamo in parte riportato alla luce grazie ad un concerto che faremo con la Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli e sarà un episodio particolarmente interessante, da ricordare.
Arte come comun denominatore ma anche come occasione di riavvicinamento fra popoli dalle differenti culture .. Non è un caso dunque la presenza di Noa molto impegnata su tale fronte: permettere a popoli apparentemente distanti di conoscersi ma anche di giocare la musica assieme?
Proprio la posizione geografica dell’Armenia ne fa un ponte naturale tra Oriente ed Occidente un po’ come Israele e nella musica Armena stessa si vedono delle forme che alludono all’Occidente che utilizzano un linguaggio musicale che riflette molto le influenze della musica del Medio Oriente. Nello studio delle Nazioni è molto affascinante scoprire come le identità dei popoli siano la risultanza di una commistione di storia e di culture e che barriere nette non ve ne sono. Abbiamo mostrato in passato l’Ungheria terra oggetto di differenti dominazioni ed ancora Isreale (nel 2008) che è l’esempio vivido della contaminazione di culture di ritorno che sono arrivate dal Magreb , dallo Yemen, dagli Stati Uniti. Basti pensare che il genere Klezmer era emigrato alle fine dall’ottocento dal Sud Europa agli Stati Uniti e dopo il secondo conflitto mondiale è tornato in Europa e in Israele, arricchito da nuovi accordi. Il tempo ci dimostra che le storie dei popoli sono profondamente intrecciate e l’Armenia è uno di questi esempi.
Un festival può essere dunque la terra di nessuno nella quale le contraddizioni, i dolori, di ciascun popolo restano fuori e possono mostrare il meglio di sé?
Il festival deve essere un momento di riflessione e la cosa che ci piace fare attraverso le attività collaterali è stimolare gli artisti a mostrarsi e a lasciarsi intravedere da punti di vista differenti, (lettura, pittura, cinema) per fornire al lettore nuove chiavi interpretative e quindi di approfondimento. Anche senza essere esaustivi …per ovvie ragioni.
Come direttore artistico ha dalla Sua una opportunità di approfondimento privilegiata. Cosa porta con sé di questa nuova esperienza?
Io ho accettato di fare il Direttore di questo Festival perchè è una occasione di arricchimento culturale non indifferente e, soprattutto, costante. E’ una occasione anche per comunicare, a chi ne ha piacere, gli aspetti che si conoscono meno e la mia soddisfazione arriva quando si riesce nell’intento di stupire gli estimatori del nostro Festival, a volte increduli. Intorno all’Armenia, nonostante le iniziali diffidenze, siamo riusciti a smuovere l’interesse di tutto il mondo perchè ci siamo adoperati per riportare alla luce le relazioni e i collegamenti fra i popoli. Questa 47ma edizione mi sta dando notevoli soddisfazioni.
Che responsabilità è avere alle spalle 46 edizioni ?
Una bella responsabilità perché il festival ha una storia degna di rispetto e curando la programmazione di queste ultime edizioni ho cercato di uscire dall’ambito della musica da camera allargando l’interesse alla musica popolare, rock e a tutti i tipi di musica che possono essere espressione della cultura di un paese. Anche perché , obiettivamente, non c’è musicista classico che non si interessi oramai al pop al folk, al rock e al jazz. Le barriere tra i generi musicali sono decadute ed è interessante fare da tramite nella conoscenza di questa commistione fra i generi.
All’interno di Un festival che ha come obiettivo l’eccellenza della conoscenza e dell’approfondimento la formazione credo abbia un ruolo fondamentale?
Fondamentale sotto un duplice aspetto… Parliamo, da una parte, di formazione del pubblico e la curiamo attraverso le attività collaterali ma, dall’altra , anche di formazione dei musicisti e per noi i corsi di perfezionamento dedicati ai musicisti e agli strumentisti sono una parte integrante del Festival. Non è un caso che col premio Burri scegliamo uno dei migliori talenti che si stanno perfezionando al Festival e gli offriamo la possibilità di dirigere uno dei concerti delle edizioni successive.Anche quest’anno abbiamo corsi con docenti molto qualificati e lo scorso anno abbiamo introdotto i corsi di musica da camera e i corsi sono molto richiesti. Siamo molto soddisfatti di questo.
Si ha voglia dunque di comunicare attraverso l’arte e la musica sia essa sinfonica che contemporanea?
Decisamente , anche se il vero grande problema è rappresentato dalle ristrettezze economiche in cui il nostro settore versa , nonostante si continui a ribadire fondamentale il connubio tra musica e turismo. Si investe veramente poco rispetto agli altri Paesi Europei. Credo però che il Festival delle Nazioni e l’Umbria in generale, dal punto di vista delle risorse e delle idee investite , sia un esempio da seguire. Il nostro Festival lavora in accordo con le politiche agricole e mette in relazione le eccellenze artistiche con quelle dei prodotti locali. Per l’Italia è molto importante seguire queste politiche e in Umbria la nostra formula ha successo. Così distribuiamo i concerti anche nelle altre località umbre che mostrano un certo interesse sotto l’aspetto artistico-culturale.
Un viaggio culturale, itinerante, attraverso la riscoperta di luoghi d’arte che sono uno scenario naturale unico?
Se pensiamo all’Oratorio di San Crescentino con gli affreschi di Luca Signorelli ma, anche, a Citerna altro posto straordinario o ad Agliari o ad Umbertite … scegliamo località che sposino al meglio cultura musicale e storia architettonica e, da questo punto di vista, nonostante i tempi duri, abbiamo interlocutori sia a livello locale che regionale pronti ad aiutarci.
Bellezze d’arte che si mostrano come esempio di quanto l’uomo è stato in grado di creare. Cosa si auspica come artista e come uomo?
Oggi è più importante che mai investire in cultura e in un momento in cui tendiamo a chiuderci e ad avere paura delle diversità, mettere a confronto le varie culture è l’azione principale da compiere, anche sotto l’aspetto politico. Penso che sia una vocazione italiana da recuperare e valorizzare non solo a parole. Salvaguardare l’intervento culturale sul nostro patrimonio artistico lungo il territorio geografico che l’uomo è stato in grado di creare. Se pensiamo che le colline dell’Umbria e delle Toscana, in realtà, sono state disegnate dall’Uomo il quale ha dato vita ad un paesaggio frutto di un disegno consapevole possiamo ben comprendere quale immenso talento possa celare l’essere umano illuminato dalla Cultura.
Che l’Armenia abbia voglia di raccontarsi ci pare ben chiaro dalla presenza dell’Ambasciatore Armeno in Italia Serzh Sargsyan?
Sarà presente spero non solo all’apertura. La sua presenza è il chiaro segnale che l’Armenia ha voglia di rafforzare le interazioni e i rapporti esterni con l’Italia che porta tracce EVIDENTI DEL PASSAGGIO E DELLA PERMANENZA delle comunità ARMENE . Non dimentichiamo che la Repubblica è indipendente ed autonoma solo dal 1991 e, quindi, dal punto vista delle relazioni con l’estero ha ancora molto da fare. Ad aprire il Festival sarà la Armenian Philharmonic Orchestra.
E…
Jordi Savall musicista particolarmente attento ha voluto dedicare questo programma allo Spirito d’Armenia e ha costruito il suo programma con tre musicisti che eseguiranno i pezzi più importanti della cultura tradizionale musicale armena spaziando dal barocco fino ai primi del novecento.
Potremo riascoltare il suono del kamancha, uno degli antenati del violino; e soprattutto quello del duduk, una sorta di oboe ad ancia doppia: il più antico strumento armeno sopravvissuto, divenuto simbolo dell’identità nazionale.

ARA MALIKIAN, musicista di origini armene nato in Libano, vive in Spagna e lavora molto in Italia ci racconterà il Milione di Marco Polo con animazioni girate da un giovane regista russo. Non tutti sanno che la vera spedizione di Marco Polo partì da Laiazzo città portuale della Cilicia armena e verrà rievocato il grande mito del Monte Ararat, ai tempi nell’antica Armenia, dove secondo la leggenda è giunto Noè alla fine del diluvio universale, attraverseranno villaggi e deserti dell’Asia e ricche città . Il Monte è sempre nel cuore degli armeni forse perché impossibile da visitare. Oggi è in terra turca.
di Giovanni Pirri






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