#RomaFictionFest : Piccole grandi idee a confronto nel convegno “Piccolo grande schermo? Rapporti tra cinema e fiction”.

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Dedicare spazio  al mondo dei kids e dei teens non è stato molto difficile, forse perchè alla realizzazione della due giorni  del #RomaFictionFest a loro dedicata hanno contribuito tutte le forze in campo, dalla RAI a Mediaset, da SKY e  tutte le realtà produttive che  svolgono un ruolo determinante nella individuazione dei talenti autorali interconnessi ai partners transmediali.

Per assistere a qualcosa di diverso si è dovuta attendere la terza giornata di lavori che si è aperta con un convegno dedicato agli addetti ai lavori, dal titolo “Piccolo grande schermo? Rapporti tra cinema e fiction”.

A confronto  un nutrito salotto, composto dai produttori Gianni Amelio, Carlo Degli Esposti, Alberto Tarallo, Angelo Barbagallo; il direttore di RaiFiction Eleonora Andreatta, il direttore produzioni originali Sky Italia e canali cinema Nils Hartmann, l’autore Ivan Cotroneo, la regista Francesca Comencini, la consulente Raffaella Bonivento, l’attore Luigi Lo Cascio, il produttore tedesco Michael Esser. A moderare il convegno, Enrico Magrelli.

Fin dalle prime battute è apparso chiaro che una distinzione tra piccolo e grande schermo, quindi, tra fiction e cinema non solo non è possibile ma non può e non deve  basarsi sullo stereotipo assai diffuso tra gli addetti ai lavori che vede attribuire alle produzioni pensate e realizzate per il piccolo schermo un valore di serie B. Quindi  l’unica possibile distinzione tra  piccolo e grande schermo e tra cinema e fiction resta quella della distinzione tra buone e cattive produzioni.

Andreatta su questo tema ha dimostrato di avere  le idee chiare e non ha esitato ad aggiungere quanto sia vitale  l’esigenza di dare forma ad un genere che possa distingue il mercato nazionale da quello estero. “Evitando di considerare lo spettatore” – ha aggiunto Gianni  Amerio –  “come una persona almeno furba quanto noi».  Concorde Lo Cascio il quale ha ribadito  che «Se una volta, quando si parlava di produzioni tv, ci si riferiva all’uomo medio, adesso si parla al “last man” ossia alla persona più infima e banale che compone il proprio target: questo perché si pensa che, una volta conquistato il last man, a strascico si prendano anche tutti gli altri pubblici. Purtroppo, invece, questo trattamento porta solo all’imbarbarimento».

Categorico ed acceso , invece, l’intervento di Carlo  Degli Esposti, che interpreta le  produzioni americane figlie di una «tigre di carta» alla quale sarebbe importante non dedicare ulteriore  spazio di riflessione. «L’unica cosa che possiamo invidiare agli Americani  è  la capacità di aver creato un mercato concorrenziale, dove vince il prodotto migliore. È su questo che dovremmo confrontarci».

Più moderati i contributi  di Francesca Comencini e di  Raffaella Bonivento. La Prima ha ribadito l’importanza di accendere l’attenzione sui nuovi talenti, meglio se  autori, dimostrandosi di fatto in sintonia  con le riflessioni espresse sulla  stessa linea da Michael Esser,  mentre la Bonivento ha individuato  la necessità, oggi disattesa da molti produttori italiani,  di dare forma ad un brand esportabile e attento ad una migliore commercializzazione dello stesso.

la Conclusione?

Se da una parte si è dato spazio ad operatori che rappresentano il mercato dall’altra appare chiaro che, essi stessi, non possiedono la piena proprietà degli strumenti  utili  alla ricerca di nuove fonti immaginifiche dalle quali attingere per generare nuove idee e alimentare, concretamente, un settore che sta vivendo una crisi profonda  ma ha tutte le carte in regola per rigenerarsi, se solo avesse l’opportunità di ripartire  dagli spettatori  e non solo dalle esigenze di budget come è, invece, per gli americani i quali poi non stanno troppo a preoccuparsi della bassa qualità che ne viene fuori.

Del resto non siamo noi italiani un “popolo di poeti e scrittori”?
Io aggiungerei anche un popolo di incazzosi e di persone stanche di vedere sempre le stesse cose in TV e gli infiniti remake al cinema.

di Giovanni Pirri

 

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