La notte dell’orrore cominciò con l’aggressione ai pescaresi. Heysel, 30 anni dopo. Il ragazzo con lo zaino arancione racconta.
di Domenico Logozzo *
evo cercare di scivolare verso il basso. E quelli cosa sono? Perché tutti quei corpi a terra? Sono morti o svenuti? Morti, sembrano morti, porca puttana! SONO MORTI! Le urla mi stanno entrando nel cervello”.
Per quasi trenta anni quelle urla e quelle immagini di furia e di terrore le ha tenute per sé, intimo ricordo di un dramma mai dimenticato. A spingerlo a “rompere il ghiaccio” ed a scrivere “io sopravvissuto” con Francesco Ceniti – autore fra l’altro del libro-inchiesta su Pantani che ha fatto riaprire le indagini – è stata una foto che non conosceva e che nel 2012 è stata ripetutamente pubblicata dai giornali di tutto il mondo. Lo ritrae in piedi, con lo zaino arancione in mano in mezzo alle vittime dell’Heysel. Tifosi mandati allo sbaraglio in una partita organizzata senza alcuna tutela degli spettatori. “L’Uefa, le autorità locali, la gendarmeria belga e il personale medico: ci sono tanti colpevoli, ognuno ha contribuito primo e dopo a quella che non è stata una drammatica fatalità”, afferma Ceniti. E sottolinea che con amarezza che “soltanto nel 1991 i coraggiosi familiari delle vittime, con l’associazione voluta da Otello Lorentini, papà di Roberto (a cui il libro è dedicato), morto nel tentativo di salvare un bambino, sono riusciti a ottenere la condanna dell’Uefa per omessa prevenzione e delle autorità locali ritenute responsabili del sangue versato in Belgio”.
Erano stati più di seicento i tifosi juventini che dall’Abruzzo avevano seguito la squadra del cuore a Bruxelles. Rocco Acerra e Nino Cerullo erano partiti da Francavilla al Mare sicuri della vittoria bianconera: “Torneremo con la Coppa”. Tornarono in due bare. ”Semplici e inermi tifosi – scrive Ceniti – arrivati a Bruxelles sognando un giorno di festa o, nel peggiore dei casi, di delusione sportiva. Gioia e dolore legati ad un risultato. E invece l’orrore dell’Heysel ha spazzato via il gioco più bello del mondo”. E precisa: “Molto è cambiato dal 1985: oggi sarebbe impensabile organizzare un evento come la finale di Champions con la stessa faciloneria di 30 anni fa. L’Uefa e il Paese che ospita la partita più importante della stagione per i club lavorano 12 mesi per curare ogni dettaglio. E la sicurezza è al primo punto. C’è voluto l’Heysel, purtroppo”. E Boniek nel rievocare nel libro di Ceniti e Tufano le sensazioni vissute quella sera, afferma: “C’era una mentalità sbagliata e tutti facevano finta di nulla. Se la tragedia non fosse accaduta a Bruxelles, sarebbe stata solo questione di tempo. Poco tempo. L’uomo è fatto così: “solo dopo avere toccato con mano il sangue apre gli occhi e rimedia agli errori”.
Errori gravissimi. Misure di sicurezza praticamente inesistenti, come testimonia Tufano nel raccontare l’aggressione subita dai tifosi dal club juventino di Pescara. “Vedo gesti di rabbia anche tra i signori colpiti nel nostro settore e, istintivamente, mi alzo in piedi per capire meglio cosa sta succedendo. Sembra una piccola schermaglia tra un paio di tifosi inglesi e i signori dello Juventus Club Pescara colpiti dalle bottiglie, ma c’è comunque una piccola rete da pollaio che li divide. Poliziotti non ne vedo, anzi ne conto 6 in tutta la curva, tra settori X e Y degli inglesi e il settore Z occupato da noi. Certo, sulla pista di atletica, nei pressi della nostra curva, ci sono anche due poliziotti a cavallo, quindi il totale dei poliziotti presenti è di 8. Sta di fatto che nessuno di essi muove un dito per sedare sul nascere quel piccolo diverbio tra tifosi vicini di settore. Il lancio di oggetti, anzi, si infittisce di più”. La situazione improvvisamente si fa esplosiva. “Un boato, un tuono che scuote lo stadio. Cosa è stato? Cosa sta succedendo? Cos’è questo improvviso fragore? Sono in piedi, fermo, ma tutto intorno a me si muove. E’ un terremoto forse? Dove vanno tutti? In un attimo la curva dei tifosi del Liverpool non è più la stessa: gli inglesi, che prima erano tutti compressi nei loro settori, sembrano essersi mossi improvvisamente tutti insieme di circa cinque metri verso di noi. Vedo uno spazio vuoto, piuttosto ampio alla fine del loro settore X, quello più lontano, però non vedo più i signori dello Juventus Club Pescara che stavano discutendo con gli inglesi… Dove sono finiti?”
*già Caporedattore del TGR Rai

IL RAGAZZO CON LO ZAINO ARANCIONE
di Francesco Ceniti e Alberto Tufano
(La Gazzetta dello Sport – pag. 217 euro 7,99+prezzo quotidiano)
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