LUIGI “GRECHI” DE GREGORI e FRANCESCO PUGLIESE ( “I Giovani del Folkstudio”) , martedì 10 febbraio presso L’ASINO CHE VOLA di Roma, presentano la sesta serata con “NOI NON CI SANREMO“.
“NOI NON CI SANREMO” è un titolo davvero atipico proprio come la data del 10 febbraio. Quest’anno coincide con il giorno di inizio della 65ma Edizione del festival (dicono) della Canzone Italiana.
Va detto che Luigi Grechi e Francesco Pugliese hanno una idea ben diversa sul Festival e sul modo di gestire la musica nel nostro paese e non possiamo negarvi che la loro filosofia ci ha spinto a saperne un po’ di più sull’evento del 10. Complice questa nostra intervista.
L’idea di fondo è ch ci sono delle parole che si prestano al gioco dell’ironia. Prima fra tutte è proprio la parola Sanremo. A seconda di come la si pronuncia si finisce col descrivere mondi tra loro assai diversi.
Luigi, martedì 10 febbraio presso L’asino che vola ci sarà il sesto appuntamento con “Noi non ci Sanremo”. Di cosa si tratta?
Fin dagli anni 60, anni in cui il Folkstudio ebbe modo di raccontare al meglio il giovanissimo e poco conosciuto scenario musicale italiano – nasceva con i migliori intenti – mi sono sempre dedicato all’ascolto dei nuovi talenti. Capitando un giorno a L’asino che vola, luogo in cui si ascolta spesso musica “fuori moda”, ruspante, ho deciso di mettere in campo la mia esperienza per dare voce ai cantautori di nicchia.
Perché questo titolo?
La parola Sanremo ha cambiato significato. Sanremo non è più il Festival della Canzone Italiana e quindi degli autori. E’ diventato uno spettacolo in cui si parla d’altro: comici, presentatori, vallette, ospiti. E’ per questa ragione che può capitare di ritrovarsi incollati davanti la Tv dimenticandosi che, in verità, la vera musica, la si può ascoltare live, altrove.
Da qui è nato il gioco di parole che è poi il nostro modo (tutto mio e di Francesco), di parlare di musica poco conosciuta durante il periodo del Festival. Il titolo è, di fatto, una dichiarazione di esistenza che racchiude al meglio la nostra filosofia a favore della vera musica.
Ti sei sempre occupato di musica folk. Anche la parola folk è diventata altro? E’ una opportunità per attribuirle nuovo senso?
La prarola folk è una parola dietro la quale, oggi, si nasconde una fitta nebbia. Folk era la musica di tradizione orale trasmessa dalla voce, oggi, quella stessa musica viene trasmessa attraverso le radio , internet ed è, dunque, per questa ragione che continuo a sostenere che debba essere oggetto di nuova definizione. Da qui il senso della nostra continua ricerca.
Cos’è per Luigi Grechi la musica Folk?
Per me è la musica acustica fatta con strumenti a corde dopo di che c’è l’altra musica.
La musica cambia di continuo. Molti lamentano che passati gli anni settanta, la musica non è stata più la stessa: per fortuna o purtroppo?
Con la rivoluzione digitale le cose sono cambiate e oggi è possibile ascoltare produzioni che senza la tecnologia o i moderni mezzi di comunicazione non sarebbe stato possibile fare proprie … tutto sta a capire cosa andare a cercare.
Come potremmo definire l’iniziativa de L’asino che vola? Alla Cisco e Ludwig o, più semplicemente alla Luigi Grechi e Francesco Pugliese?
Dietro tutto c’è la voglia ed il piacere di far ascoltare e di porsi in ascolto degli artisti che avranno la voglia di raccontarsi. Una opportunità pensata e messa in pratica senza troppe sovrastrutture.
Quello di Martedì 10 è il sesto appuntamento con “NOI NON CI SANREMO” …. siete riusciti sino ad oggi a scattare una fotografia del panorama musicale italiano che avete incontrato? E’ possibile una sintesi?
La nostra iniziativa apre il palco a chi vuole mettersi in gioco anche se decide di farlo per la prima volta. In tutto questo tempo sono saltate fuori situazioni e talenti che non mi sarei mai aspettato. Più che mai mi rendo conto che se nel nostro paese vigesse un altro sistema di distribuzione della musica, i giovani, avrebbero a disposizione molto di più di un piccolo palco come il nostro.
Il tessuto musicale italiano è vivo?
Decisamente sì. A me sembra poco viva solo la voce commerciale diffusa dalle case discografiche. C’è molta più energia nel nostro “sottobosco” musicale.
Riesci ad intravedere un futuro possibile per la musica italiana?
Il futuro della musica non muore mai. Si sposta casomai. (n.d.r.). Forse ci sarà più gente che suona e meno gente che ascolta. Nonostante questo sarà un futuro divertente. Anche perchè i tempi dell’ascolto del disco sono ridottissimi. Si ascolta solo in macchina e la musica di cui possiamo usufruire fa solo rumore. Ci vorrebbe più silenzio da una parte e più musica dal vivo dall’altra.
di Giovanni Pirri